Tra nebbia e antichi segreti: Anna Maria Bonavoglia si racconta

Tra nebbia e antichi segreti: Anna Maria Bonavoglia si racconta

Buendia amici e ben ritrovati in questo novembre grigio, ma carico di belle novità… e oggi vogliamo parlarvi di questo. Di grigiore (o forse quel grigio è la somma di mille e uno colori?) e di nuovo.

La mente, a volte, può essere nebbiosa: banchi di idee che si addensano e confondono, imprevisti e spigoli invisibili che possono sorprenderci all’improvviso, l’orientamento che si perde e ci conduce in posti inaspettati – forse lontano da casa, ma sapete poi quante avventure da raccontare al nostro ritorno?

Anna Maria Bonavoglia_CollareUna nebbia che è un turbine di storie a metà, di semi di trame, di racconti nel cassetto, di bozze e immagini non ancora messe sulla carta. Ed è in quel vortice che il vero scrittore sa trovare luci e tesori, portarli (o riportarli) alla luce attraverso ricerche e passione, cesello e istinto, e farne dono ai lettori.

Anna Maria Bonavoglia lo ha fatto: ha recuperato un personaggio immortale e amatissimo e gli ha regalato nuova energia, una nuova sfida in un contesto particolare – perché gli eroi, anche quelli di inchiostro e ormai “classici”, continuano a scalpitare e a chiedere agli autori e ai lettori di farli muovere, agire, giocare ancora e ancora… e monsù Sigèr non può che esserle grato, come lo siamo noi!

Curiosi? Conosciamoli meglio!

  • Anna Maria, anche per te la nostra domanda di rito: raccontaci chi sei in tre parole
    Amo la musica delle parole. E amo anche Taranto e Torino.

  • Che cosa rappresenta per te “monsù Sigèr” e perché lo hai portato a Torino (senza “spoilerare” troppo)?
    Io ho avuto la fortuna di avere un padre magnifico, colto, immaginifico e creativo. Mi ha insegnato ad amare la lettura, i gialli, la fantascienza. La conoscenza. Tra i suoi personaggi preferiti, che lui mi ha trasmesso, c’è “monsù Sigèr”… E farlo arrivare nella magnifica Torino, che in certi angoli ha conservato intatto il fascino di fine Ottocento, per me è stato immediato. Anzi, doveroso. Monsù Sigèr era ed è pieno di sorprese, ombroso ma con scatti di vitalità e genialità… proprio come Torino.
  • Quanto ha influito la città in cui vivi nella stesura del racconto?
    Oh, è stata fondamentale. È sicuramente la co-protagonista del racconto, e ha portato in dote tutto il suo passato glorioso, le sue storie più o meno segrete.
  • Torino città magica (o perlomeno così dicono), ma anche città storica, di archivi e biblioteche: quanta ricerca c’è nel tuo racconto?
    Tanta, tanta ricerca. Anche se è ovviamente un racconto di fantasia, tutto quello che descrivo nel libro – le vie, i palazzi, le locande – è assolutamente vero. Quando iniziai a fare le mie ricerche, Internet non era ancora così diffuso e facile da utilizzare. E quindi sono andata per biblioteche, all’archivio del Comune, ho comprato vecchi libri dimenticati che mi hanno rappresentato una città antica, con delle vie che oggi non esistono più e che celano storie terribili e affascinanti. Ogni cosa che descrivo (demoni e maledizioni a parte…) è storicamente accertata. Dalla storia del Duomo di Torino allo spaventoso Casermone di via Stampatori. Così come sono vere le storie riguardanti Amedeo VI di Savoia e i suoi compagni d’arme, i cui nomi ho trovato in certi rarissimi libri che ho consultato in biblioteca. Torino città magica… Francamente non ci ho mai creduto troppo, se non quando ero molto giovane. Anche se tra i protagonisti, diciamo così, del racconto c’è un Demone, non è tale grazie o per colpa di Torino, per così dire. Mi padre mi diceva sempre che esistono delle forze assolutamente naturali che noi chiamiamo Magia solo perché non abbiamo gli strumenti per vederle e studiarle. Quando li avremo, diventeranno normalissima scienza. Così era per i batteri e i virus prima dei microscopi e tutti gli strumenti che ora sono d’uso comune, così sarà un giorno, forse lontano, per quella che ora chiamiamo Magia.
  • L’atmosfera ideale per leggere Il caso del collare dei Savoia?
    Io adoro il freddo, la bruma, la nebbia, il fumo dei camini, il silenzio della montagna. Tutto questo, magari con una tisana calda e un piatto di castagne, può creare l’atmosfera ideale per leggere il mio racconto. Ah, e naturalmente in compagnia di un gatto o due. Sono anche un’inguaribile gattara…

 

Grazie alla nostra autrice e buon viaggio a questa nuova Fiaschetta al gusto di Vermouth!

Grazie a tutti voi e… il 9 novembre venite alla prima presentazione de Il caso del collare dei Savoia, vi aspettiamo a Torino alla Vecchi e Nuovi Mondi!

Tra nebbia e antichi segreti: Anna Maria Bonavoglia si racconta